domenica 29 novembre 2009

Nazionalismo moderno in Italia

II nazionalismo moderno in Italia nacque e si sviluppò, come nella maggior parte degli altri Paesi europei, nella seconda metà dell'800. In particolare, nel nostro Paese, trovò una sua ben definita espressione politica nel Crispi e nei governi da lui presieduti che, non a caso, lanciarono l'Italia in una serie di avventure coloniali per altro conclusasi in modo disastroso con la rotta di Adua del 1896 e con l'avvicinamento agli Imperi Centrali ai quali l'Italia era unita dalla Triplice Alleanza.

Si trattava di un nazionalismo aggressivo, colonialista ed imperialista, ben diverso dal nazionalismo romantico della prima metà. Un nazionalismo così male inteso diventò un motivo di difesa degli interessi borghesi aspetto ali 'avanzare della democrazia e del parlamentarismo, insomma della ragione nella politica. Non a caso il nazionalismo no-vecentesco fu antidemocratico, antiparlamentare, antisocialista e totalitario, mirando a coinvolgere strumentalmente anche il proletariato nella difesa di interessi che erano essenzialmente della classe borghese. II nazionalismo in Italia, dopo il fallimento delle avventure coloniali crispine, conobbe una breve fase di eclissi per poi rispuntare intomo al 1903-1904 in chiave soprattutto letteraria, con alcune riviste come il Regno e II Leonardo e con l'atteggiamento di alcuni poeti e letterati che si proponevano di risvegliare la borghesia italiana dal suo sopore rassegnato.

I nazionalisti videro subito, come bersaglio della loro polemica, il Giolitti dedito al compromesso e al parlamentarismo. In realtà, i nazionalisti rifiutavano la politica giolittiana di mediazione tra le forze sociali, che consideravano un pericoloso cedimento della borghesia all'avanzare del socialismo internazionalista e "negatore della patria". Ricordiamo, come espressioni di questo "nazionalismo letterario", la definizione del Papini del 1904 della guerra come "la grande fucina di fuoco e di sangue che ha fatto i popoli forti" e il primo Manifesto del futurismo italiano, scritto nel 1909 da Filippo Tommaso Marinetti, in cui la guerra veniva definiita "la sola igiene del mondo". Anche il Pascoli si caratterizzò per una sempre più manifesta simpatia per il nazionalismo, tanto che al primo Congresso nazionalista italiano, che si tenne nel dicembre 1910 a Firenze, inviò un caloroso telegramma in cui invitava a "riconquistare l'Italia all'Italia".

Il nazionalismo si diffuse nei primi anni del '900, favorito dalla grande stampa d'informazione che era controllata da ceti imprenditoriali che cominciarono a vedere nell'ideologia nazionale borghese un modo per contrastare l'ascesa del proletariato. Tuttavia bisogna dire che, almeno inizialmente, nel nazionalismo italiano confluirono istanze diverse: accanto ai fautori dell'autoritarismo e del privilegio borghese, c'erano anche gli esponenti repubblicani, gli irredentisti, perfino alcuni esponenti democratici o transfughi dell'estrema sinistra. Tutte queste composite espressioni del nazionalismo trovarono il loro primo momento di confronto nel primo Congresso nazionale tenutosi a Firenze nel dicembre 1910. L'entusiasmo interno a questa iniziativa fu notevole, tanto che manifestarono la loro adesione molte associazioni prestigiose, come la "Dante Alighieri", la "Lega navale" e la "Trento e Trieste". Nel frattempo erano sorti numerosi giornali nazionalisti, CONTINUA

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