giovedì 17 settembre 2015

Il trash di Braxel riporta il fuoco sull'underground


La mia indagine sulle webseries si è fatta più frettolosa e lo ammetto, arrogante. Avrei voluto scrivere un altro post su una serie da top-ten ma non riesco ad applicarmi. Manco riesco a superare i primi minuti di serie coatte come Dams, o peggio Jump! in cui si scimmiotta il già visto. Ho provato Tramonto rosso ma mi sono arenato sui titoli iniziali con le loro grafiche pulp (quante ne abbiamo viste!)  poi, facendo seeking, la fotografia delle prime scene mi ha allappato. Magari continuerò un altra volta, sicuramente qualcosa di buono c’è ma stasera ho bisogno di altro.

Insomma questa volta non ho voglia di mettermi a stroncare chirurgicamente il lavoro (il tempo e il sangue) di questi maestri adolescenti della fotografia e della sceneggiatura applicata. Già hanno perso abbastanza tempo loro, dico tra me e me. O se volete mi inchino ai toni verdastri, ma per favore passiamo oltre.
Ma sì ho la presunzione d’intuire solo in poche scene se gli autori hanno avuto “accesso” a un’idea di cinema primigenia, lucida e intellettualmente viva, fondata sulla ricerca ma soprattutto sulla sincerità verso se stessi e il proprio mondo…o se non gli si è aperto nemmeno uno “spiraglio”....
Così ho provato a cercare qualcosa di diverso cambiando le chiavi, usando criteri diversi, ma niente, o peggio. Poi mi sono ricordato di qualcosa che avevo escluso all’inizio della mia indagine, forse perché esteticamente mi sembrava lontano da quello che di solito identifichiamo con le webserie.
Sto parlando di Braxel, una serie trash-intellettuale di cui ho deciso di vedermi qualche puntata...in barba alle critiche e agli amatori-professionisti.

Sì perché penso che gli autori di Braxel uno “spiraglio” lo hanno visto aprirsi davvero….. Anche se mi sembra evidente, e se ne saranno resi conto loro stessi (certe cose si metabolizzano dopo qualche mese) che non basta appellarsi alla recitazione “teatrale”, alle “scelte stilistiche” (malauguratamente intese come difetti) e ad un linguaggio “originale” per cancellare i seri limiti artistici del proprio lavoro. Che spesso non dipendono dai limiti di budget o altre cause materiali, ma semplicemente dalla scarsa capacità di sviluppare la propria cifra stilistica fino a renderci una poetica coerente-efficace.

Braxel sarebbe piaciuto a qualche mia conoscenza che negli anni ’90 si era fissata con il trash intellettuale e passava dai Turchi di Carmelo Bene al Tromeo di Lloyd Kaufmann con una serenità d’animo che oggi mi lascerebbe più che perplesso.
In un certo senso Braxel mi mette un po’ di nostalgia, è indubbio che questo prodotto sà di datato.
Beh, almeno per stasera non ho avuto quel ghigno che mi viene senza volerlo, quando Altri riescono a prendermi con i loro schemetti narrativi del cazzo…
Forse ho capito che per superare il "paradosso delle webserie" (vedere gi scorsi post) devo andare più a fondo, forse fin là dove questo concetto nemmeno esisteva.


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